- Io l’amavo, non può sapere quanto l’amavo
Il tono diventa lamentoso, il labbro sinistro comincia a tremare, mentre qualcosa che somiglia ad una lacrima scende lentamente dall’orbita per finire a sfiorare la guancia su cui la barba non fatta da qualche giorno ha disegnato chiaroscuri indefiniti.
Il professore con fare compassato prende il pacchetto che si trova lì, negligentemente poggiato sul tavolo e prende una sigaretta.
- Lei permette? (…) Gli porge il pacchetto
- No, grazie.                                                                                                                                                
L’uomo che gli sta di fronte si soffia il naso. Il professore lo guarda di traverso, tra una nuvoletta e l’altra.
Non si può immaginare niente di più comune. Avrà tra i quarantacinque e i cinquanta. Abito grigio e dimesso, capelli corti e ben pettinati, con qualche filo bianco sulle basette e sulle tempie
- Su, si calmi e mi dica. Sono qui per questo. 
- Il nostro è stato quel che si dice un matrimonio d’amore. Con tutte le cose a posto: parenti, cerimonia, abito bianco, suono d’organo… Ricevimento in uno dei locali più “in” della città.
- Quanto tempo è passato?
- Dodici anni. Mi sono sposato esattamente dodici anni fa: il 13 settembre…
- Mi dica. Come vi siete conosciuti?
- Un classico, dottore, sa uno dei racconti di quello scrittore americano… Era la mia segretaria. Così semplice, così a modo… Con lei era come se respirassi aria pulita, o come se bevessi l’acqua limpida di un ruscello. Entrava in punta di piedi nel mio studio e mi portava le pratiche del giorno. Le metteva così, sulla scrivania, poi se ne andava, e sempre, prima di chiudere la porta, mi faceva un mezzo sorriso, così dolce che cominciavo meglio la giornata e poco a poco non ho potuto farne più a meno…
- Un colpo di fulmine, dunque!
- Sì, si può chiamare così. Anche se l’amore è venuto gradualmente, è entrato nella mia vita quasi in punta di piedi, così come faceva lei entrando nel mio studio. Sa, io vengo dalla provincia e, tranne qualche storia del tutto insignificante, o finita male, non avevo mai avuto prima una relazione seria, una cosa, insomma che sfociasse in un matrimonio. La mamma se n’era andata da poco, ed io… sì, io mi sentivo solo.
- Lei aveva capito questo suo turbamento, questa sua voglia?
- Sì, certamente, così come io avevo capito che con lei bisognava fare sul serio, abbandonare quindi tutte le mie manie di scapolo di provincia… Ma l’annoio, per caso? Forse mi dilungo troppo…
- Assolutamente no. Questi particolari sono essenziali per capire. Continui pure. (…)
- Scusi non ci va lei, al mare?
L’uomo abbozza un sorriso pallido sul volto già esangue.
- Evelina non amava il mare. Diceva che la rendeva nervosa, che la agitava, e così niente mare. Niente di niente, direi: niente amici, né cene fuori, né cinema. Io adoravo andare al cinema.
Diceva che noi due bastavamo a noi stessi, che il nostro amore era più che sufficiente. Aveva lasciato il lavoro, perché voleva dedicarsi interamente a me. (…) Solo che col passare del tempo le cose si facevano più difficili. Lei diventava sempre più esigente e meno comprensiva. Io la accontentavo in ogni cosa, anche nel suo attaccamento morboso a quella bestiolina.
- Lei non ama gli animali?
- No, no, anzi. Per la verità mi sono quasi indifferenti, ma sono allergico al loro pelo: sia dei cani che dei gatti. Mi provocano una forte rinite, e mi lacrimano anche gli occhi, come può vedere; da quando sono qui non ho fatto altro che soffiarmi il naso… Ma Evelina non aveva nessuna comprensione di questo, mi obbligava anzi a portarla fuori due volte al giorno, e poi me la trovavo dappertutto: a volte anche sul letto, e guai se mi spazientivo, mi avrebbe accusato di crudeltà mentale …
- Humm, capisco! Ma mi dica, e mi scusi per l’indiscrezione, ma è per capire: come andavano i vostri rapporti diciamo così “intimi”?  
L’uomo si aggiusta la cravatta, visibilmente imbarazzato, giocherella con le carte che stanno lì, sulla scrivania.
- N…normali, direi…
- Cosa intende per normali?
- Sa, all’inizio c’è la novità, la passione. Lei non aveva avuto nessuna esperienza prima, così… Mi toccava accontentarmi. Poi, a poco a poco è subentrata l’abitudine e… direi una certa crudeltà da parte sua
- Si spieghi meglio
- Sembrava che lo facesse apposta… Sì, mi sembrava quasi sadica a volte. Le piaceva, sì, insomma, provocarmi e poi mi lasciava così a metà, adducendo le scuse più assurde, non so: un mal di testa o un improvviso pensiero ossessionante, e doveva alzarsi subito… ed io dovevo provvedere da me…
Il professore alza il sopracciglio, visibilmente interessato. Il “caso” sembra meno banale del previsto.
- Beh, per essere una ingenua e alle prime armi…
- Sa, un amico mi aveva procurato dei giornali appositi, e così… Li tenevo nascosti, in un cassetto della scrivania dell’ufficio, di modo che… lei non potesse vederli, e…
- Non doveva essere una vita facile, la sua…
L’uomo strabuzza gli occhi, si aggiusta il collo della camicia.
- Sì, soprattutto da quando ho scoperto… che aveva una relazione, sì, insomma… mi tradiva! E l’ho scoperto per caso, tornando a casa un giorno fuori orario, quando lei non se l’aspettava. Li ho trovati sul divano… Lui le cingeva la spalla sinistra con il braccio; lei così abbandonata, non l’avevo mai vista…
- E chi era, lui? (…)
Quando il Professore rialza gli occhi, uno scatto improvviso dell’uomo lo fa sobbalzare sulla sedia… Lo vede improvvisamente alterato, come in preda ad un’agitazione nuova, venuta chissà da dove, lui che per tutta la durata del colloquio è stato compassato, quasi sottotono rispetto a ciò che stava raccontando. Il volto è diventato paonazzo, gli occhi sgranati, sembrano quasi volere uscire dalla loro sede naturale. Farfuglia cose senza senso, la lingua arrotolata nella bocca.
- È per questo che l’ho fatto, no, non ce la facevo più… È stato facile, in fondo… Un colpo… e via... zac, così… E fa il gesto con la mano di piatto.
- Era in un lago di sangue… il coltello… non so l’avrò buttato via… Ma non ce la facevo più, non ce la facevo più…
Allarmato, sorpreso, l’altro suona il campanello, con fare perentorio e concitato.
- Signorina, qualcuno, per favore…
Un’ aiutante viene, lo soccorre, facendolo calmare. Lo accompagnano di là.
Tutto è tornato tranquillo, in un attimo. “Come una bufera in un bicchiere d’acqua” lui pensa sfregando i polpastrelli delle dita gli uni contro gli altri.” Ma qualcosa debbo farla! Chiamo la polizia, i Carabinieri?”
Bussano alla porta.
- Avanti!
L’infermiera, ancora agitata, introduce una donna, bionda, minuta, che si staglia nel riquadro bruno della porta riempiendolo quasi totalmente.
- Sono Evelina, Evelina Rocchi….
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Estratto da “Corti di carta