Il libro è ambientato a Catania, tra il 1669 e il 1693, due date fatidiche per la storia di questa città. La prima si riferisce alla terribile eruzione dell’Etna che distrusse e travolse parecchi nuclei abitativi del suo hinterland, la seconda al memorabile sisma che la rase pressoché al suolo. Da qui “La lava e la polvere” che dà il titolo allo scritto.
Nel ventennio di mezzo l’autrice colloca la vicenda di alcuni personaggi di varia estrazione sociale e mescolando realtà storica e finzione, ma mantenendosi sempre fedele alla ricerca documentata, traccia un affresco vivace ed elegante della Catania che fu.
Tra la festa della Patrona e gli intrighi dei nobili, tra una congiura fallita e la vita culturale del tempo, tra soprusi ai danni dei più deboli e tentativi di rivincita, tra prese di coscienza e moti di carità cristiana prende corpo una narrazione che potrebbe essere ambientata in una qualsiasi altra città dell’Isola in età moderna.
Ma in mezzo c’è Catania, con i luoghi ed i monumenti che hanno fatto la sua storia, con gli avvenimenti memorabili che sono intrecciati alla vita di tutti i giorni, con la sua tenace volontà di rinascita e di riscatto. E quindi il libro vuole essere un omaggio alla città, dettato da nessun altro sentimento se non da un amore profondo e viscerale per il luogo di appartenenza.
Presentazione, all'Orto Botanico
COMMENTO di Lina Scalisi
Recensioni:
AMEDIT

Università di Catania (Bollettini dell'Ateneo)

Sergio Sciacca
Il romanzo di Catania alla maniera di Manzoni

Un romanzo di caratteri: caratteri di una città. "La lava e la polvere", che Miette Mineo ha pubblicato per le prestigiose edizioni Prampolini di Catania è "una storia catanese del XVII secolo" che alla maniera del Manzoni traccia il carattere di Catania. Una città la cui fioritura artistica fu stroncata dal terremoto e dalleruzione dell'Etna, per risorgere più splendida e la cui società presto avrebbe dovuto abbandonare la propria albagia nobiliare per ospitare i fermenti rivoluzionari che avrebbero caratterizzato la storia successiva.
Nel mezzo c'è una storia di amore, come si conviene a tutti i romanzi, fin dai primi comparsi sulle rive del Mediterraneo qualche secolo avanti Cristo, Ma la storia d'amore è sempre una variazione sul tema sentimentale: qui la vicenda che conquista l'attenzione fin dal titolo è originale e condotta con grande passione: la vita di un città che come tutte quelle dell'Antico regime si dibatteva tra gli eccessi della miseria e dello sfarzo: in cui i religiosi (Benedettini) simpatizzavano per l'aristocrazia dai cui lombi discendevano, e che tuttavia conteneva in sé i germi del rinnovamento sociale: a Catania, come nella Milano conosciuta da Renzo Tramaglino, covavano impulsi libertari che trovarono presto espressione nei versi scanzonati di Micio Tempio, frequentatore di Principi e loro inesorabile censore, Ma l'autrice non si ferma ai freddi dati storici: ne fa osservare le pieghe. Ci accompagna nella Catania barocca. ci fa entrare nei saloni delle feste, ci fa conoscere le strade delia miseria, ci immerge nell'atmosfera del carnevale (che impressionò anche Verga) e ci porta per le strade di Catania che tuttora esistono anche se con nomi diversi, ricostruisce le mura crollate, il profilo urbano reso irriconoscibile dalla lava. Ed e questa visita che tocca il lettore che cerca la continuità; chi cerca l'analisi dei sentimenti avrà modo di considerare che nei tempi difficili le passioni non si estinguono, ma diventano più esplicite.
Prefazione di Lina Scalisi

La città e la sua storia, immaginaria o immaginata ma con le radici costantemente affondate in quella reale, da cui assume concretezza e consistenza. È questo il filo rosso del libro di Miette Mineo, del suo narrare le speranze e le emozioni di un popolo che non è mai stato plebe, e che con l'Autore diviene l'attore narrante di una storia intensa e avvincente che ha come sfondo la Catania di metà Seicento, dall'eruzione del 1669 attraverso la congiura del 1673, fino al terremoto del 1693.
Un ventennio descritto intensamente in un affresco che nel declinare la società cittadina dall'apice fino al cuore della sua anima popolare, nel mescolare eventi e invenzione storica, non dimentica mai di mantenersi dentro la cornice della storia documentata.
Un'attenzione che peraltro non appesantisce la narrazione visto che la Mineo riesce a tratteggiare con profondità ed eleganza le storie di personaggi complessi e intensi, le cui vite si intrecciano con le vicissitudini di una città e di un'isola che fa da perfetto sfondo alle loro avventure.
Le pagine del romanzo diventano, così, il teatro di amori ideali e passioni incontrollate, il palcoscenico perfetto per mettere in scena l'arroganza del potere a cui fa eco la purezza e la nobiltà d'animo di personaggi umili ma virtuosi. Ed è per tale ragione che la trama avvincente e delicata della vita della giovane protagonista diviene l'emblema dell'identità e del carattere della città: il simbolo del coraggio che si oppone al potere e, perfino, alla forza devastante della natura.
Se allora lo scopo di un libro è quello di avvincere il lettore, questo volume riesce pienamente nel suo intento, con in più un elemento di ulteriore attrazione verso gli appassionati della storia catanese e non. Al di là, infatti, della specificità del luogo e degli eventi storici che si susseguono nella trama della Mineo, la vicenda della giovane popolana potrebbe essere ambientata in qualunque altra città della Sicilia in età moderna.
L'unico appunto va invece al dato che il romanzo forza e semplifica al contempo la ri-costruzione storica, ma esso vi è costretto dalla necessità del suo genere e dalla impossibilità di analizzare l'estrema varietà dei ceti sociali e delle loro identità culturali. Ma non è questo ciò che è richiesto al romanziere. Quel che gli si chiede è invece il rispetto per l'ambientazione, la consapevolezza del discrimine tra storia e invenzione, la forza della narrazione.
Miette Mineo soddisfa tutti questi requisiti con grazia e sensibilità, con stile e finezza, e con una storia che invita il lettore a conoscere la propria città e a partecipare del nostro comune passato.




powered by Guido Scuderi
Riflessioni dell'Autrice

Scrivere di una città significa aggirarsi con occhi curiosi a interrogare ogni scheggia di muro, ogni pietra posta - non importa dove - per afferrane il mormorio prodotto dal tempo. Se questa città è Catania vuol dire riandare con la memoria a coloro che ne hanno percorso le strade. Il calpestio confuso di svariati linguaggi provenienti da angoli diversi dell’Europa e non, mi distrae, mi stordisce la mente.
Mi appare una città irreale, ma nitida e pulsante come solo sa esserlo la vita.
Riscopro un tessuto urbano stratificato e composito, sottoposto come non mai – come in poche città, credo – alla vicinanza ingombrante di un Gigante sornione ed infido pronto a inondarla o a lambirla, a farla tremare o a scuoterla pericolosamente dopo un riposo protrattosi troppo a lungo.
Così ritorno indietro con la memoria fino a quel XVII secolo che ha visto, nell’ ultimo scorcio della sua seconda metà, due avvenimenti terribili e luttuosi che l’hanno segnata irrimediabilmente.
Mi chiedo come potessero essere quelle persone che agivano nella città: popolani, nobili, rivoluzionari, laici o ecclesiastici. Quali i loro stili di vita, quali i discorsi ed i pensieri che guidavano le loro scelte.
Riscopro con pazienza i luoghi che attraversavano i suddetti personaggi. Alcuni si offrono, quasi intatti, allo sguardo attuale. Di altri rimangono solo alcuni resti manipolati dall’azione non sempre opportuna di altri uomini. I più, però, non hanno potuto sottrarsi all’insulto beffardo del tempo. E allora mi piace ricostruirli, ricrearli con la memoria per prolungarne, almeno un po’ col ricordo, l’esistenza.
Ma la città non si arrende. Stramazza, rantola, agonizza, ma continua a respirare. Le macerie, divenute polvere, si ritrasformano in mattoni che daranno origine alle nuove costruzioni. Le strade che hanno subìto il tracollo erano strette? Se ne tracceranno di più ampie e regolari, atte a ridisegnare l’assetto urbanistico stravolto. 
E la lava non è solo quell’umore nero e fumante che soffoca nel suo abbraccio incandescente ogni forma di vita, ma diviene esso stesso fonte di rinascita, di ricostruzione, persino di decorazione e di ritorno ad un’esistenza normale ed operosa.
Perché, in fondo, il senso della storia è questo.
Questo mio scritto non può non nascere se non dall’amore per la città, se non dall’ auspicio che possa risorgere ancora una volta, mille altre volte, più forte e più gloriosa di prima.